
Ieri mattina, a quest'ora, mi svegliavo prima del previsto per tentare un'ultima improbabile missione in terra iberica. Vedere, sfidando la partenza dell'aereo a breve scadenza e la leggendaria coda all'ingresso, il capolavoro di
Pablo Picasso,
Guernica, a Madrid. Il caso ha voluto che ci sia riuscito (non dopo aver tentato di far capire a un tizio alla cassa che la data sulla mia tessera-studenti è la mia data di nascita e non quella di rilascio del documento. "Tienes una mas actuàl?" insisteva...). Per un misero euro e cinquanta centesimi, mi sono fiondato, ignorando fior di artisti - il tempo limitatissimo me l'ha imposto - alla ricerca del Picasso. Una ricerca per modo di dire: già mi ero informato. Secondo piano.
Si vola su con ascensori totalmente trasparenti, posti sulla facciata del
Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía. Poi una corsa... "Lo vedo!"... poi il colpo. L'opera è gigantesca. Occupa una parete immensa. E io che pensavo fosse un quadro di dimensioni da salotto, magari solo un pò più largo.
Non si può fotografare, né filmare, pazienza.
Ho pochi minuti che passo a divorare con gli occhi un'opera che sento di conoscere da sempre. Eppure trovarmi davanti all'originale è disarmante, mi fa sentire piccolo, minimo, quasi inesistente.
Non ho tempo per passare al negozio del museo, ma forse è meglio così, magari Picasso s'incazzerebbe vedendomi con il tappetino del mouse con su impressa la sua opera più nota...